Il 2013 è stato l’ennesimo anno di contrazione economica in Italia.
Da quello che leggo e sento, la luce alla fine del tunnel viene annunciata solo dai politici per meri fini di consenso ma, realmente, non si vede niente.
Il polso della situazione ce l’ho con i miei clienti.
Dopo più di 13 anni di “onorata” carriera di cui 8 da consulente informatico con partita IVA, riesco a distinguere i soliti lamenti da imprenditore (che piange miseria per tirare sul prezzo o ritardare un pagamento), dai reali problemi di cassa e mercato.
Dal mio particolare punto di vista il 2013 non è andato male: ho acquisito nuovi clienti e il mio fatturato è aumentato.
Tutto bene per me e, forse, per l’intera categoria? Dico decisamente no.
Ai sopracitati aumenti non è corrisposto alcun miglioramento del mio stile di vita.
Credo che tutti noi lavoriamo per soddisfazione personale e ambizione ma, soprattutto, per assicurare il benessere economico proprio e dei propri cari. Non solo la semplice sopravvivenza.
Eppure ho potuto constatare questa semplice proporzione.
Se lavoro 10, fatturo 8, guadagno 4.
Lavorando 20 mi aspetterei che anche gli altri indicatori raddoppiassero. Invece non è così. Mi ritrovo a lavorare 20, fatturare 14 e guadagnare 6.
Quindi, a fronte del raddoppio dell’impegno lavorativo non corrisponde quella tranquillità economica che mi aspetterei.
Ci sono due cause per questo problema:
- l’incertezza economica tende a farmi accettare nuovi clienti agli stessi prezzi di mercato di un anno fa (non ci sono margini di trattativa)
- la pressione fiscale e i costi professionali in costante aumento.
Il primo fattore possiamo dire che è particolare e temporaneo (anche se, mi chiedo, chissà quanto temporaneo). Il secondo è strutturale: il governo passato e quello attuale hanno ritenuto necessario aumentare le tasse per quelli che già le pagavano. Una soluzione enormemente più semplice rispetto a quella di intaccare antichi privilegi, sprechi e “furbizie” a vario titolo.
Cosa vuole dire questo per un consulente informatico con partita IVA? Significa diventare un bancomat umano per le disastrate casse statali. E’ quasi inutile dire che il ritorno in servizi da parte dello Stato è impalpabile.
Questo esercito di professionisti come me non grava su nessun bilancio statale, non gode di ammortizzatori sociali, paga tutti i ticket possibili e immaginabili, nelle liste per gli asili pubblici viene sempre dopo, versa annualmente una quota INPS che serve solo a tenere in piedi lo scriteriato sistema pensionistico che abbiamo ereditato (e di cui non godremo).
Tutto questo per dire che quella quota di guadagnato di cui sopra non se ne va per viaggi, teatro, auto nuova e oggetti di lusso ma semplicemente per “costi di vita” e per pagare balzelli e scadenze varie.
Questi ultimi, poi, sono un capitolo a parte perchè oltre a tutta la fiscalità legata al lavoro c’è tutta quella del resto della vita. Tasse sul mangiare, sul vestiario, sui libri (!), sul carburante, sulla casa, sull’auto ecc. ecc.
Si vive sempre nel timore di essersi dimenticati qualche scadenza. Di non essere in regola con una delle mille voci della burocrazia o del fisco.
E’ lampante quindi che, a prescindere dalla crisi, è il sistema che non funziona.
La crisi è solo il megafono delle inefficienze.
E prima o poi, la gente inizierà a scendere per strada.
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