Oggi, in pausa, guardavo fuori la finestra dell’ufficio la collina verde che si erge proprio di fronte.
Entrava un vento fresco e umido.
Tutto conciliava un breve assopimento.
Due o tre profonde palpitazioni non sono state d’accordo e mi hanno riportato alla realtà del computer, del lavoro, della mia vita nel 2018.
Certe volte stai dentro un tunnel.
E sai che è la cosa giusta da fare.
Per te e per gli altri che ti sono attorno.
Altre volte no.
Qualche anno fa andai al concerto dei Depeche Mode.
Andata e ritorno da Roma con la moto.
Nella stessa giornata.
Concerto bellissimo di chi sa darmi note per quello che ho dentro.
All’andata faceva caldissimo e sudavo nel giubbino da motociclista.
Al ritorno faceva freddissimo e battevo i denti sotto al casco.
Quattro ore di viaggio per due di musica.
Pensavo a come quella cosa fosse sbagliata, troppo scomoda, troppo disallineata.
In altra epoca.
Ascoltavo a ripetizione “Home” dei Depeche Mode negli auricolari.
Era inverno e il vento freddo tagliava la faccia.
Camminavo per le strade della città.
Mi piaceva guardare le finestre illuminate dei palazzi.
Quelle dove c’era una famiglia che si metteva a tavola.
Una televisione accesa sul telegiornale.
Gente che parlava tra di loro.
Viviamo sempre in bilico su sentimenti contrapposti.
Malinconici mentre guardiamo lontano ma, alla fine, fin troppo esigenti verso i nostri mutevoli sogni.
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