Era una delle prima volte che visitavo il Cilento.
Era bello il posto, stupendo il mare e piacevole la compagnia.
Solo che l’occasione era strana.
Improvvida, avrebbe detto una mia vecchia insegnante di italiano.
Il mio mondo era appena esploso in mille pezzi e stavo cercando di rimetterlo insieme un po’ come quando ti cade un puzzle per terra.
Ti metti in ginocchio e raccogli quello che puoi.
Quello che ti rimane.
E io raccoglievo pezzi in notti insonni e in giorni passati in spiaggia.
Una sera andammo in un ristorante dell’entroterra.
Stava su un pizzo di collina che realmente non saprei mai trovare.
Era tutto buio: la strada, il panorama sotto e certe prospettive future.
Il ristorante, quando lo trovammo, era anche affollato.
Dovemmo parcheggiare in uno spiazzo un po’ lontano.
Assolutamente al buio di una notte senza luna seppur accompagnata da un miliardo di stelle.
Mentre percorrevamo il tragitto dal parcheggio al ristorante guardai in alto quel cielo puntinato di stelle, silenzioso e avvolgente.
Da dietro al piccolo bosco comparve una stella cadente blu, verde e poi rossa che lasciava una scia persistente.
Tracciò una traiettoria netta sopra le nostre teste.
Netta come quel percorso che non sapevo mi avrebbe portato a oggi.
Nonostante tutto il buio.