Se c’è qualcosa di estremamente pesante nel diventare grandi, quella è l’enorme sproporzione tra le persone insignificanti, negative e disgustose (in ordine di pesantezza) con cui deve avere a che fare, rispetto a quelle che riescono a darti qualcosa.
Invidio tantissimo mio figlio quando andiamo in un posto nuovo e lui trova un bambino qualsiasi con cui giocare e divertirsi.
Così, senza filtri, senza approfondimenti, solo due energie che si incontrano, si fondono creando qualcosa di superiore.
Poi, quasi sempre, finisce lì.
Ma il momento c’è stato. Si sono dati qualcosa.
Noi adulti invece siamo carichi di sovrastrutture fatte di cultura, educazione e trascorsi.
Per cui è praticamente impossibile trovarsi, scambiarsi.
Ci si sente soli, non c’è che dire.
Soli e pronti a combattere per sopravvivere.
Perché lì fuori c’è tutto un mondo che non la pensa come te.
Che non solo non ti capisce ma è pronto ad aggredirti per questo.
E tu?
Tu che fai?
Quale parte del tuo corpo fai rispondere?
Una volta il mio miglior amico di allora mi disse che, in realtà, ci eravamo frequentati solo perché c’era stata l’occasione e che quell’occasione era finita.
Io sentii un grande vuoto dentro me perché non avevo perso solo lui ma anche quello che di me aveva creduto in lui.
La morale potrebbe essere che la vita sia un gioco di sottrazione e che si diventa collezionisti di vuoti.
Vuoti dati da chi c’è stato ma anche dall’ultimo, ennesimo, miserabile incontrato.